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Descrizione

Citata per la prima volta nel 1423 come “domus de Meclo”, la casa fortificata detta “Castello delle cento finestre” venne rinnovata nel 1486 da Nicolò di Firmian.

Il palazzo, contraddistinto dall’imponente portale di stile manierista, rappresenta uno dei maggiori esempi di architettura signorile tardo rinascimentale della Val di Non.
Castello 100 Finestre 1 Mechel
Castello 100 Finestre 3 Mechel
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La memoria visiva della presenza nella storia delle famiglie nobili di Sant’Ippolito e di Firmian è oggi affidata all’imponenza del palazzo di piazza, noto appunto come Palazzo Firmian o ancora come il “castello dalle cento finestre”. Ma prima di esso, una residenza castellana oggi scomparsa ci riporta a quel “Castrum s. Ypoliti” che troviamo citato per la prima volta nel 1328. Successivamente, nel 1365 il vescovo di Trento, Alberto di Ortenburg, rinnovava ai fratelli Leonardo, Antonio e Federico figli del fu Bertoldo, l’investitura “de medietate castri s. Ypoliti superioris et totius castri inferioris”, oltre a svariate decime gravanti sugli abitati della Val di Non e Sole. Si rinvia ad altra parte di questo volume per la trattazione delle vicende della famiglia di Sant’Ippolito, strettamente imparentata con i Cles. Già nel 1307 troviamo citato Gregorio del fu Bertoldo “de S. Yppolito de Cleso” ma anche “plebatus Clesi” indicando probabilmente il cambio di residenza nella sede di Mechel. I fatti legati all’insurrezione del 1407 portarono allo smantellamento del castello di Sant’Ippolito, insieme a quelli di Tuenno e di Altaguardia. Non venne più ripristinato ma il suo ricordo resta nelle infeudazioni di inizio Quattrocento (1404?), tuttavia insieme al palazzo di Mechel, in cui presero residenza le linee superstiti dei Sant’Ippolito e quindi gli eredi Firmian (“de medio castro S. Ypoliti in Anaunia, de medio viridiario, prope dictum castrum, apud communitatem Mecli, de media domo fortiliciata cum una pecia terrae subtus dictum castrum, quae nuncupatur domus de Meclo”). Un passaggio che viene confermato nel 1423, quando il vecchio castello è definito come “castellaccio” e i Sant’Ippolito residenti nella casa fortificata citata come “domus de Meclo”, posta sotto l’antico castello. Nel 1499 è denominata “castrum Meclum”, con capitano Andrea Cles. Nel 1529 vi risiede, quale capitano, Biagio di Castelrotto. Nel 1680, in un'investitura vescovile a favore di Giorgio Vigilio Thun-Bragher, iniziatore della seconda linea di Castel Caldes, è citato il “sedumen” del vecchio castello di Sant’Ippolito e già nelle mappe catastali di inizio Ottocento di esso non vi è pressoché più alcune traccia materiale.
 
 
L’area su cui sorgeva il castello di Sant’Ippolito si trova ad ovest dell'abitato di Mechel, da cui dista circa 400 m in linea d'aria. Esso si dislocava lungo due dossi vicini, di diversa altezza, tali da edificare un castello superiore e uno inferiore; esso era difeso naturalmente verso l'abitato di Mechel e verso sud, mentre risultava separato dal versante montuoso da una leggera sella. Oggi di esso non restano che labili tracce murarie. Alcuni reperti mobili, provenienti dall’antica sede castellana, sono giunti fino ai giorni nostri: un ago crinale con capocchia sferica, una fibula a navicella, una zoomorfa, un pendaglio sferico che ne regge altri laminari triangolari, frammenti di vaso di cui uno con un'iscrizione in alfabeto nord-etrusco tutti risalenti alla seconda Età del Ferro. Sempre provenienti dal medesimo luogo ed appartenenti all'età romana sono una fibula a tenaglia, una fibbia in bronzo, frammenti di vasi in vetro ad uso di unguentari, frammenti e lamine di bronzo, perle vitree colorate, monete del basso impero. Segno evidente di una continua frequentazione del sito fin dalla preistoria. La sua posizione, con un'ottima visibilità, fa ritenere che già in epoca preromana e romana potesse avere funzioni di controllo. Luigi de Campi vide nei materiali da costruzione emergenti dal terreno delle analogie con il Castelac’ di Portolo e quello di San Vito. Inoltre sono emersi alcuni materiali risalenti al periodo medievale: lamine di bronzo di cui una lavorata, strumenti in ferro, punte di spada e di frecce, molti giavellotti, dei vasi di ceramica poco cotta e due monete: una di Nicolò da Bruna dalla zecca vescovile di Trento (1338-1347) e l'altra di zecca meranese, pertinente a Enrico IV (1311-1335). I reperti sono ora conservati nel Museo Castello del Buonconsiglio. Il palazzo di Mechel venne rinnovato nel 1486 da Nicolò di Firmian, casato erede per via matrimoniale degli ultimi Sant’Ippolito: l’ultima esponente della famiglia, Agnese, figlia di Jacopo Pöltner, aveva sposato prima del 1424 Francesco Firmian e fu madre di Nicolò. La casa fortificata di piazza divenne così una residenza rinascimentale. Oggi il complesso è costituito da due corpi di fabbrica principali, uniti e sviluppati su tre livelli. Imponente ed elegante è il portale d’ingresso, adornato dello stemma Firmian: ma soprattutto a colpire lo sguardo sono le circa 70 finestre, bugnate, più grandi al primo e al secondo piano e più piccole al terzo; tanto da meritarsi l’appellativo di “castello dalle cento finestre”.
 
Tra i locali nominati dalle fonti documentarie, merita un cenno la cappella dedicata all’Addolorata, che troviamo citata nel 1743 dedicata alla “beata Vergine dello Spasimo in Castel Mechel”, consacrata il 13 settembre 1750 e citata negli atti visitali dell’anno successivo. Inoltre, all’interno dell’edificio è ancora visibile un affresco di epoca settecentesca raffigurante scene mitologiche, come il volo di Icaro, e altre tratte dalle Metamorfosi di Ovidio, tra cui spicca quella del Ratto di Europa. All’inizio del XIX secolo i Firmian vendettero il palazzo ai de Miller di Cles, i quali a loro volta negli anni Settanta dell’Ottocento lo cedettero a tre famiglie di Mechel. Negli ultimi decenni, alcuni avvenimenti hanno modificato l’assetto del palazzo: a partire dal 1946, allorché crollò parte dell’edificio verso nord a seguito di un movimento franoso, cui seguì la costruzione di un massiccio barbacane. Forse questo evento portò alla perdita della storica pietra incisa del 1486. Nel 1965 poi venne realizzata la scala in cemento sulla facciata sud, con la demolizione di una antica.
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