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Descrizione

Nati dalla tradizione popolare, i nomi collettivi si rivelano utili a comprendere taluni tratti caratteristici delle popolazioni, specchio di un senso comune che talvolta contiene qualche elemento di realtà, altre volte scaturiti da particolari attività economiche entrata nell’immaginario collettivo.
È il caso di Cles, ai cui abitanti è stato tradizionalmente affibbiato il soprannome di “Schjudelàri”.

Schjudelàri e cucùdi

Ogni rione o frazione, specialmente a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, ebbe la sua bottega “con buona floridezza e bella continuità” fino alla seconda metà del Novecento: tra esse figurano quelle dei Tomazzolli, Pisetta, Pozzati, oltre ai credaioli Lorenzoni nel settore dei vasi e delle ciotole, olle e formelle per stufe e piatti rustici.

Specialisti di Bassano, tra cui si ricorda Demetrio Primon, impiantarono una bottega di statuaria e suppellettile ornamentale: un’arte che trovò sede presso la filanda, oggi casa Taddei. 

Nel 1944 è ricordata la grande fabbrica di laterizi di proprietà Morandi. Il grande linguista Enrico Quaresima (Tuenno, 1883 – Trento, 1969), ricorda e spiega il fatto partendo dalla voce “scudlàder”/”scudelàr”, ovvero “stovigliaio”, “piattaio”, ricordando l’attività dei venditori ambu- lanti clesiani che si recavano per vendere le proprie merci, tra le quali figuravano stoviglie fabbricate in opifici artigianali, ricavandone in cambio il popolare nomignolo.

Vasellame, scodelle di terracotta, che per secoli furono prodotte su scala familiare ma che poi ebbero una evoluzione di tipo industriale con la “Copara” posta laddove oggi sorge il Punto Verde, complesso residenziale sorto proprio su quello che era il vecchio sito industriale. Un mestiere, quello di ambulante, che a Cles è documentato fin dal XVII secolo, con la presenza dei “Cròmer”, dal tedesco “Kramer” ma con la tipica pronuncia tirolese; un termine che in trentino suona come “marciàder”, “merciaio”.

Lo stesso Quaresima riferisce un aneddoto avvenuto nel 1948 in una osteria di Casez: un avventore, leggendo il giornale apprese che il nuovo invaso artificiale oggi conosciuto come lago di Santa Giustina, avrebbe potuto chiamarsi “Lago di Cles” e così esclamò: “Maledéti scudelàri, ancia ‘l lac’ i vuèl portàrse via!” Anche Aldo Gorfer descrisse questa particolare forma di manifattura clesiana: “Diffusa vi era l’arte dei vasi di ceramica (“scodelàri”), con cave di argilla e fornace alla Coppara in corso di utilizzazione residenziale. Vi si fabbricavano pure stufe simili a quelle di Sfruz” .

“Chjalendari scudelàr” è anche il nome di un divertente calendario in lingua clesiana, la cui prima edizione risale al 2017, frutto di un gruppo composto da Andrea Conta, Francesco Visintainer, Ferruccio Mascotti, Paolo Trepin, Franco Dalpez. Un soprannome cui possiamo affiancare quello di “Cucu”/”Cucùdi” appioppato alla gente di Mechel da quelli di Tuenno e portato in espressione poetica e musicale dal medico-cantautore clesiano Carlo Piz.

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